Come i miei 4 (ma che dico, 2) lettori sapranno, non sono mai stata mentalmente stabile.
Ci sono un sacco di risvolti buffi ed ironici nella malattia mentale, il problema è che per apprezzarli devi guardarli da una certa distanza. Cosa che, mentre stai annaspando per mantenere una parvenza di normalità almeno in pubblico, è impossibile.
Per esempio, sono una fonte infinita di figure di merda e disastri sentimentali.
Roba che torna utilissima, nel momento in cui decidi di salire su un palco ed iniziare a fare stand-up comedy.
“Dai, ma questa storia del tizio che ti fa fare 3 ore di aereo per andarlo a trovare e poi non vuole scopare con te perché ha conosciuto una tizia in chat è divertentissima, ma come ti vengono?”
“Ehm”
Una carriera costruita sul disagio, finalmente ho trovato la strada giusta per me.
Comunque, avendo sempre sofferto di depressione io so perfettamente quando sono depressa.
Solo che saperlo non mi garantisce di poterne parlare o chiedere aiuto perché, appunto, sono depressa, ed il mio cervello, per quanto consapevole in qualche recesso di essere occupato da un mare di merda, non riesce a tirarsi fuori abbastanza da dire “ok, qualcuno mi lanci un salvagente (ma i salvagenti galleggiano sulla merda?) perché da solo non ce la faccio”.
Quindi, quella realtà distorta e piena di orrori diventa La Realtà.
Quella morsa di angoscia e di inadeguatezza e di annientamento e di autolesionismo diventa l’unico degli universi possibili, perché anche se sai che non è così, e lo sai, e stai aspettando che passi per l’ennesima volta, perché ad un certo punto passa, tutta quella merda in quel momento è reale e non esiste altro.
E passerà, passerà, tornerà tutto normale, o magari è questa la normalità e sarebbe anche ora che ti rassegnassi, no?
Il primo Gennaio compirò un anno.
No, non è uno di quei post strappalacrime “Il primo anno della mia nuova vita”, perché la mia vita non è molto nuova, è vero che ho cambiato lavoro (da operatrice di call center a tecnico IT, mansione che mi piace molto di più ed offre un’infinità di aneddoti buffi, ma per il momento mi sento più come quel meme del cane che scrive sulla tastiera:
e temo sarà così ancora per un bel po’)
Dicevo, la mia vita non è molto nuova, ma c’è stato un momento in cui ha effettivamente rischiato di diventare una serie di verbi coniugati al passato da altre persone, ed è stata la mattina del 1 Gennaio 2019, mentre in piedi da sola nella mia cucina, in pigiama e sveglia ininterrottamente da circa 4 giorni, cercavo di elaborare una exit strategy discreta e che non creasse troppo disturbo alla mia rete di affetti.
Erano le 8 del mattino, e chi mai potrà essere sveglio e non sotto effetto di sostanze stupefacenti alle 8 del mattino del 1 di Gennaio?
(Ingenuamente pensavo che quei numeri di telefono che trovi su Google, tipo il Telefono Amico, fossero sempre attivi, ma quando ho chiamato mi ha risposto un messaggio registrato che mi chiedeva di richiamare dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 18.
Oh, beh. A chi mai potrebbe venire in mente di uccidersi di notte o durante le feste? Dai, effettivamente non è una cosa che capita spesso!)
Dicevo, chi mai potrà essere sveglio in quella precisa circostanza?
(La devo smettere di divagare)
Chiaramente solo una persona di turno al call center! Perché qualsiasi servizio che non sia strettamente indispensabile viene sospeso, durante le feste, ma il Servizio Clienti no:
il Servizio Clienti ti salva la vita.
Ho scritto un messaggio ad un mio collega che sapevo essere in turno, e lui mi ha risposto.
E io sono ancora qui.
Non so cosa gli ho scritto, non mi ricordo e penso non andrò mai a rileggerlo. E, conoscendomi un pochino, probabilmente non gli ho detto nulla di quello che stava succedendo.
Non so se lui abbia capito, non ne abbiamo mai parlato. Ma penso di sì.
Non so nemmeno perché ne sto parlando qui, adesso, seduta nella stessa cucina e con indosso un altro pigiama, ma boh, forse volevo lanciare uno di quei messaggi importanti del tipo: raga state vicino alle persone più fragili, perché potreste salvargli la vita! Rispondete ai messaggi che vi chiedono la ricetta del risotto allo zafferano alle 5 del mattino, perché potrebbero essere una richiesta di aiuto! O forse lo sto facendo perché di depressione non si parla abbastanza, o forse solo perché sono talmente abituata a parlare di me come se non stessi parlando di me che non riesco a prendere sul serio nemmeno questa cosa che dovrebbe essere maledettamente seria.
Forse perché le feste stanno arrivando di nuovo e io sono nella parte alta della montagna russa emotiva e conto, quest’anno, di passare la mattina del 1 Gennaio a dormire il sonno dei giusti e degli ubriaconi.
O forse perché mi stavo annoiando.
Però, davvero, rispondete.
E a voi, sapete chi siete, non vi dico di chiedere aiuto perché tanto lo so che non ci si riesce. Chiedete ricette.
Magari non vi salvano, ma ce ne andremo tutti con la pancia piena.
(Io no, non so cucinare).